Sui cieli di Ustica, la sera del 27 giugno 1980, c’erano numerosi aerei militari, molto probabilmente impegnati in un’azione di guerra. Velivoli la cui nazionalità sarà difficile stabilire con assoluta sicurezza anche perché l’intenso traffico presente intorno al Dc9 dell’Itavia, esploso in volo alle 20,59, è sempre stato negato dai nostri vertici dell’Aeronautica militare e dalle forze alleate. Ma, dopo oltre 19 anni, un gruppo di ex alti ufficiali dell’Arma azzurra potrebbe comparire davanti a una Corte di Assise di Roma per rispondere dei depistaggi - non della strage, come avrebbero voluto i parenti delle vittime - che per tutto questo tempo hanno accompagnato le indagini sulla tragedia costata la vita a ottantuno persone, tra passeggeri ed equipaggio. Il «tam-tam» a palazzo di giustizia è insistente: fra poche ore il giudice istruttore Rosario Priore depositerà l’ordinanza di rinvio a giudizio, nella quale vengono presi in esame tutti i misteri che hanno caratterizzato questa vicenda. Il corposo documento, dedicato ovviamente alle posizioni degli alti militari che all’epoca della tragedia ricoprivano posti chiave nell’Aeronautica, comprende anche una lunga serie di archiviazioni dovute alla prescrizione dei reati. Si parla di migliaia di pagine, comprensive di allegati, tabelle e perizie vecchie e nuove. Difficile dire se sarà data una risposta esauriente ai tanti enigmi che hanno contrassegnato questa brutta pagina di storia italiana: ci fu una vera guerra fra i mig libici e gli aerei alleati? Il Dc9 dell’Itavia fu abbattuto per errore da un missile oppure dopo uno scontro in volo con un altro velivolo? Fu una bomba collocata all’interno (forse nella toilette), a determinare l’esplosione? Sono tutti interrogativi che i tre pm della Procura di Roma (Giovanni Salvi, Settembrino Nebbioso e Vincenzo Roselli, coordinati dal capo dell’Ufficio Salvatore Vecchione) lasciarono in piedi quando esattamente un anno fa presentarono le loro richieste al giudice istruttore. I più informati dicono che Priore non sembra prestare troppo credito all’ipotesi bomba e che invece non avrebbe più alcun dubbio sullo scenario di guerra, cioè sull’esistenza di un conflitto aereo intorno al volo di linea. E’ solo una indiscrezione, però. Allo stesso modo non è ancora nota la lista dei nomi degli ufficiali che potrebbero essere rinviati a giudizio. I pm avevano puntato il dito contro quattro alti ufficiali: i generali Lamberto Bartolucci (ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica), Zeno Tascio (ex responsabile del Sios, il servizio di informazioni segrete dell’Arma azzurra), Corrado Melillo (ex capo reparto dello Stato Maggiore dell’Aeronautica) e Franco Ferri (ex sottocapo di Stato Maggiore della Difesa). I pubblici ministeri si erano convinti che i quattro sapevano molto di quello che capitò la sera del 27 giugno 80. Nonostante questo, avrebbero preferito non dire nulla al Governo e agli inquirenti. «Non abbiamo mai depistato le indagini», hanno sempre replicato i diretti interessati. Una richiesta di rinvio a giudizio, poi, era stata formulata anche nei confronti di altre sei persone tra ufficiali e sottufficiali, per un reato meno grave, la falsa testimonianza: Francesco Pugliese, Nicola Fiorito Di Falco, Umberto Alloro, Claudio Masci, Pasquale Notarnicola e Bruno Bomprezzi. Per gli altri numerosi imputati, invece, i magistrati romani avevano chiesto il «non doversi procedere» o il proscioglimento (perché estranei alla vicenda o per avvenuta prescrizione dei reati) dalle accuse di favoreggiamento personale, abuso di ufficio, falsità ideologica, soppressione di atti e calunnie. |